De Chirico Giorgio

Giorgio De Chirico nasce il 10 luglio 1888 a Volos, capitale della Tessaglia (Grecia). Secondogenito di tre fratelli è figlio di un ingegnere ferroviario e di una nobildonna genovese. Morta la sorella Adele ancora in tenera età, gli altri due figli rivelano presto una forte disposizione artistica.
Assecondato dal padre nella passione per l’arte, prende le prime lezioni di disegno dal pittore greco Mavrudis poi si iscrive all’Istituto Politecnico di Atene che frequenterà per un breve periodo (un paio di anni). Nel 1905 muore il padre. La ferita non sarà facile da rimarginare e, anzi, tempo dopo al pittore maturo capiterà spesso di rievocarne con commozione la figura e il bel rapporto.
Rimasto solo con madre e fratello, si trasferisce a Monaco per continuare gli studi. Qui è attratto irresistibilmente dal disegno grafico, assai visionario, di Alfred Kubin nonché dalla pittura dei simbolisti Arnold Boecklin e Max Klinger. Ma l’arte non rimane il suo esclusivo campo di interesse. Si apre invece alla letteratura e alla filosofia di cui comincia a leggerne alcuni esponenti fondamentali.
Nel 1910, torna in Italia con la madre che lo accompagna prima a Milano poi a Firenze. A Firenze subisce l’influenza di Giotto e della pittura primitiva toscana, orientandosi verso un disegno ricco di impianti prospettici e di costruzioni a forma di arcate. Nel suo pellegrinaggio artistico giunge anche a Torino, che lo colpisce non solo per essere stata la città degli ultimi anni di Nietzsche, ma anche per la severità della sua linea architettonica.
Stanco di Torino raggiunge Alberto Savinio a Parigi dove riceve gli apprezzamenti di un altro “outsider”, Guillaume Apollinaire. Grazie all’interessamento del fratello viene presentato a Pierre Laprade, membro della giuria del Salon d’Automne, per il quale espone tre opere: “Enigma dell’Oracolo”, “Enigma di un pomeriggio” e “Autoritratto”. Nello stesso anno, in occasione dell’esposizione di altre tre sue opere al Salon des Indépendants viene notato da Pablo Picasso grazie al quale stringe amicizia con Brancusi, Braque, Jacob, Soffici, Léger e Derain. Apollinaire organizza nell’atelier dell’artista una mostra di trenta opere e recensisce De Chirico su “L’ intransigeant” utilizzando il termine “metafisico”.
Nel periodo 1916-1917 dipinge i suoi celebri “Ettore e Andromaca” (l’episodio del saluto tra i due sposi è tra i momenti più commoventi dell’Iliade) e “Le Muse inquietanti”; frequenta l’ambiente artistico di Ferrara: qui conosce Filippo De Pisis ed inizia una corrispondenza con Carrà. Carrà rimane affascinato dal mondo poetico e dai temi artistici di De Chirico, dipingendo una serie di opere di chiara matrice metafisica.
L’attività espositiva è intensa e vi affianca anche quella come scenografo: nel 1929 esegue, ad esempio, scene e costumi per i balletti di Diaghilev a Parigi, illustra i “Calligrammes” di Apollinaire e “Mythologies” di Cocteau.
Nel 1935 è chiamato negli Stati Uniti dove rimane fino al 1936 con la compagna Isabella Far, cui resterà legato fino alla morte. Nel 1937 è costretto a spostarsi tra Milano, Parigi, Londra, Firenze, Torino e Roma dove espone per la seconda volta alla Quadriennale. Nel 1945 pubblicherà “Commedia dell’arte moderna” e “Memorie della mia vita”. Due anni dopo si stabilisce definitivamente a Roma in Piazza di Spagna.
Giunto ormai al termine della sua vita, continua incessantemente a dipingere con maggiore passione. Nel 1969 viene pubblicato il primo catalogo delle sue opere grafiche, nel 1971 di tutte le sue opere; nel 1970 espone al Palazzo Reale di Milano, nel 1972 a New York, nello stesso anno Parigi lo nomina membro dell’Accademia di Belle Arti e gli dedica un esposizione; qui parlerà ancora una volta della sua pittura confrontando quella del periodo metafisico che definirà “Pittura inventata e poetica” da quella successiva “La vera pittura, la pittura di qualità, la pittura realista”, dichiarerà di seguire la tecnica dei maestri del Rinascimento pur restando “indipendente”.
Giorgio De Chirico si spegne a Roma il 20 novembre 1978, onorato dai critici di tutto il mondo. La sua arte, questo è certo, rimarrà consacrata nell’Olimpo dei maestri dell’arte del ‘900.

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